mercoledì 5 luglio 2017

L’email bomb di facebook


di Costanza Miriano
Tremila mail punitive per avere scritto quattro parole – quindici lettere totali – sulla bacheca del Great Ormond Street Hospital. Da giorni ogni tre, quattro minuti ricevo una mail da Facebook; anzi, adesso ho appena controllato, sono nove minuti che non ne arriva una, e mi sento anche un po’ sola. Mi aspetto come minimo che venga Mark Zuckerberg a portarmi il caffè, visto che mi ha abituata alla sua compagnia.
Dunque, le cose sono andate così. Da molti giorni il popolo della vita si è mobilitato per la vicenda di Charlie Gard. Fiaccolate, veglie, lettere, raccolte firme, azioni sui social network, telefonate ad amici che conoscono medici dell’ospedale. Anche io ho cercato di fare tutto quello che può una mamma italiana che lavora e che non può mollare figli e redazione e andare a Londra ad abbracciare i genitori disperati o a supplicare in ginocchio i medici. Il 27 giugno un’amica ha avuto l’idea di andare anche a scrivere qualcosa sulla pagina Facebook dell’ospedale, per far arrivare ai medici la sensazione di un’opinione pubblica fortemente contraria alla loro (cosa che alla fine ha portato risultati, quindi non un gesto sterile, direi). Ho provato subito, ma i commenti in bacheca vengono sottoposti alla approvazione di qualcuno.
Si poteva invece lasciare una recensione, questa subito visibile. Ho scritto “don’t kill Charlie”. Nessun insulto, nessuna offesa. Solo “don’t kill Charlie”. E come valutazione, tra le 4 stelle possibili, ne ho data una sola, in segno di protesta per la decisione di staccare le macchine al bambino. Poi ho condiviso questa informazione con i miei 5000 amici Facebook e i 42000 che seguono i miei post. Poco dopo ho cominciato a ricevere a ripetizione, notte e giorno, ogni pochi minuti, questa mail, sempre uguale: “Ciao, Una recensione che hai pubblicato è stata rimossa. Le valutazioni e le recensioni devono rispettare gli Standard della comunità di Facebook, concentrarsi sul prodotto o servizio offerto dalla Pagina e basarsi sull’esperienza personale. Le recensioni che non rispettano queste linee guida potrebbero essere rimosse. Il team di Facebook”
Le mail continuano da giorni, nonostante la recensione sia stata immediatamente rimossa, e la sezione chiusa dopo poche ore, forse perché le recensioni negative all’ospedale sono passate in pochissime ore da qualche unità a duemila. A nessun altro che ha fatto come me, migliaia di persone, è successo, che io sappia. Non so perché a me sì. So che lo trovo vagamente inquietante. Certo, a me basta non aprire la mail, la mia vita va avanti serena, non siamo dentro 1984 (anche se adesso che ci penso George Orwell era inglese), ma trovo preoccupante una reazione tanto sproporzionata alla mia azione.
Se qualcuno mi tiene sotto controllo dovrebbe sapere che io ho scritto anche che conosco, tramite un medico amico, la grande professionalità dell’ospedale, e ho scritto persino che la vicenda ha contorni non così netti, delicati oltre che dolorosi. Di certo non ho dato degli assassini ai medici, né scritto altri insulti di cui è pieno il web. Non ho pubblicato i nomi dei medici (che comunque non conosco). Non so perché solo io tra i tanti amici che si sono dati da fare in rete ho avuto questo privilegio di essere molestata dalle mail sul mio indirizzo privato. L’unica spiegazione è che qualcuno controlli i nostri movimenti in rete, e abbia ricondotto le migliaia di recensioni apparse sulla pagina dell’ospedale all’idea che avevo lanciato io. Che ci sia qualcuno dunque che tratta le azioni in rete non secondo un algoritmo per tutti uguale, ma che giudichi tali azioni. E non le giudica con lo stesso metro. Per esempio, in rete girano insulti nei miei confronti di ogni genere, bugie (anche passibili di querela), illazioni, parolacce, offese a me e ai miei figli: altro che don’t kill Charlie. So che tanti miei amici hanno segnalato questo, ma non è servito a niente. Io da molto tempo ho deciso semplicemente di non leggere, non guardare, non ascoltare (ho una vita molto piena, grazie a Dio), e se qualcuno viene sul mio profilo mi limito a bloccarlo: a casa mia si fa come dico io, ma per il resto lo so che la rete è una specie di fogna. Cerco di usarla per il bene che può generare: il family day, nato dal basso, senza rete non sarebbe stato altrettanto travolgente. Anche la mobilitazione per Charlie è venuta dalla rete, e il fatto che persino il Papa e Trump e molti altri abbiano parlato è dovuto alla grande pressione del popolo della vita che si è trovato in rete, soprattutto in Italia. Quindi grazie Facebook, anche se hai due pesi e due misure. Sei molto indulgente con chi vuoi tu, e molto prepotente con il popolo della vita. Ma noi non ci faremo spaventare. Perché un bambino di nove mesi inchiodato a un lettino sta mettendo in ginocchio il mondo. Un bambino la cui vita non è stata giudicata degna ha mosso più vita di tanti adulti che si credono vivi e sani. Un bambino che per il mondo non ha senso è qui per ricordarci che noi siamo al mondo per essere amati, e quello lui lo sa fare benissimo.
pubblicato su La Verità il 5 luglio 2017