mercoledì 2 agosto 2017

La Porziuncola. Chiusura dell’VIII centenario del Perdono di Assisi. Omelia del cardinale Pietro Parolin



Eccellenza,
Cari Sacerdoti concelebranti,
Cari Frati Francescani,
Distinte Autorità,
Cari fratelli e sorelle in Cristo,
Vorrei innanzitutto porgervi il cordiale e benedicente saluto di Papa Francesco e manifestare la mia letizia di poter celebrare con voi la ricorrenza del “Perdono di Assisi”, alla conclusione dell’anno che ricorda l’ottavo secolo dalla sua istituzione.
È davvero motivo di sommo gaudio constatare come il bene compiuto dai santi si dilati nello spazio e nel tempo e giunga fino a noi. Dà conforto vedere una così ampia partecipazione di fedeli e la presenza delle Autorità, a dimostrazione che l’esempio del Poverello di Assisi interroga le coscienze e la comunità nel suo insieme e ci attira al Signore. A tutti va il mio cordiale ringraziamento.
Il 2 agosto 1216 San Francesco, raggiante per aver ottenuto da Papa Onorio III la concessione dell’indulgenza per coloro i quali si sarebbero recati in pellegrinaggio presso la chiesa di Santa Maria degli Angeli, non trattenne la gioia ed esclamò: “Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso” (Diploma di Teobaldo FF 3391-3399).
Queste parole svelano che l’ardore col quale egli amò il Signore divenne compassione e carità verso il prossimo, si trasformò in supplica a Dio perché riversi con abbondanza la sua misericordia sul suo popolo. Sono parole che ci dicono anche la missione fondamentale della Chiesa, quella di favorire l’incontro tra Dio e gli esseri umani, di costruire solidi ponti tra Cielo e Terra, di mostrare una via di salvezza offerta a tutti e non riservata a piccoli gruppi di dotti e sapienti. Una strada accessibile ai poveri, agli ultimi, ampia e libera da ostacoli, che conduce alla salvezza, anche se attraverso una porta stretta come quella della Porziuncola, la porta dell’autentica conversione del cuore e della vita.
Nella Porziuncola, come nella grotta di Betlemme e nella Santa Casa di Nazaret l’infinita misericordia divina si manifesta in uno spazio delimitato. Dio si rivela e nel medesimo tempo sembra velarsi. Si pone al nostro fianco, ci vuole “portare tutti in Paradiso”, ma utilizza canali di umiltà, scegliendo luoghi periferici e segni delicati. Come ha affermato il Santo Padre Francesco nella sua lettera a S.E. Mons. Domenico Sorrentino in occasione dell’inaugurazione del Santuario della Spogliazione, “l’Onnipotenza, in qualche modo, si eclissa, affinché la gloria del Verbo fatto carne si esprima soprattutto nell’amore e nella misericordia” (16 aprile 2017).
Dio ha voluto essere riconosciuto nella fragilità, manifestando la sua gloria con piccole fiammelle di luce. Se si fosse mostrato attraverso segni grandiosi, probabilmente i potenti di questo mondo se ne sarebbero impadroniti, risultando privilegiati, non solo per le ricchezze e il potere terreno, ma anche nella facilità dell’incontro con Dio.
Rivelandosi invece nella semplicità e in una disarmante umiltà, Egli ha offerto a tutti lo splendore del Volto di Dio, che si china sull’umile e sul povero e resiste al superbo, a chi è troppo pieno di sé, del suo potere, delle sue conoscenze e progetti, delle sue relazioni e ricchezze per accorgersi di un Dio che si fa piccolo, che si abbassa e si spoglia per innalzare e rivestire di grazia l’essere umano.
Questo è in sintonia con quanto abbiamo oggi ascoltato nella lettura tratta dal libro del Siracide. Abbiamo visto che la Sapienza, si manifesta, non sulla vetta di qualche monte sperduto o in qualche appartato palazzo principesco, non nell’ambiente rarefatto e raffinato di qualche consorteria di eruditi, ma “in mezzo al suo popolo… nell’assemblea dell’Altissimo… nella comunità… tra la moltitudine degli eletti” (Cfr. Sir 24,1-3). La Sapienza non si nasconde in luoghi inaccessibili, ma si fa vicina, alla portata di chiunque la voglia trovare. La Sapienza esclama: “Avvicinatevi a me, voi che mi desiderate, e saziatevi dei miei prodotti. Poiché il ricordo di me è più dolce del miele, il possedermi è più dolce del favo di miele” (Sir 24,18-19).
Le letture odierne ci parlano della Sapienza, che in Cristo si è avvicinata a noi. Dal fuoco d’amore nella Trinità all’Incarnazione del Figlio di Dio viene realizzato il disegno che dà compimento alle promesse antiche, facendo nuove tutte le cose. Solo l’essenza di Dio, che è amore, può spiegare questo movimento del Creatore dall’alto al basso, questo farsi piccolo, debole e dipendente dalle cure umane.
Come non prorompere nell’inno di giubilo e magnificare il Signore per quanto Egli compie? Come non gioire per una bontà che non si limita a contemplare sé stessa, ma vuole diffondersi e donarsi? Che accetta - per amore - di essere ferita, rifiutata, inchiodata ad una croce?
Maria ringrazia e gioisce per le mirabili azioni compiute da Dio, nella storia e nella sua persona. Ella si accorge di essere al centro della storia della salvezza, il compimento delle promesse e l’aurora del mondo nuovo.
Similmente, San Francesco gioisce per la bontà del Signore che, con la concessione dell’indulgenza, offre con larghezza il perdono, togliendo non solo la colpa e la condanna, che sono il salario del peccato, ma anche la pena temporale residua per “mandarci tutti in Paradiso”.
Leggendo le cronache della vita di San Francesco si rimane stupiti nel vedere quanto contasse il Paradiso per gli uomini e le donne di quel secolo, quanto fossero disposti a camminare, ad impegnarsi, a pregare, per non allontanarlo dal loro orizzonte.
Desta meraviglia scoprire quanto gli uomini pensassero alle cose del Cielo, quanto fossero consapevoli che il destino definitivo, quello vero, non si gioca nelle soddisfazioni e realizzazioni terrene, ma lo si trova nel mondo futuro, lassù nella città dei Santi e non quaggiù nelle città terrene, colme di affanni, di dubbi commerci e di vanità.
Questa consapevolezza era resa più acuta dalle condizioni di allora, dove grandi epidemie e limitate ma ricorrenti guerre, unite alle scarse conoscenze scientifiche, rendevano maggiormente evidente la labilità dell’esistenza sulla Terra.
Forse a quei tempi l’animo umano era meno distratto, non essendo saturo l’etere di infinite immagini e suoni, e poteva concentrarsi con più facilità su pensieri alti. La società e la cultura si dimostravano sensibili al soprannaturale, disponibili a riflettere sul destino dell’anima, ad impegnarsi affinché, se la vita sulla terra era labile e stentata, fosse almeno felice e gioiosa quella che attendeva tutti, in Paradiso.
Oggi non è facile “rientrare in se stessi” (Cfr. Lc 15,17), come fece il figliol prodigo. Non siamo aiutati a comprendere che, inseguendo soltanto realizzazioni terrene, si andrà incontro ad amare sconfitte. Non è scontato capire che occorre rivolgersi a Dio, chiedere a Lui luce e conforto, accogliere il suo perdono, cambiare vita, mettere al centro il nostro destino definitivo.
Risulta complicato far spazio al pensiero su Dio, sulla Chiesa, sul fiume di grazia offerto dai sacramenti, sull’importanza di custodire la Parola di Dio per non compiere scelte distruttrici della comunione delle famiglie, di quella delle parrocchie o degli ambienti di lavoro, per non vivere senza bussola, vagando alla ricerca di una felicità che sfugge perennemente, perché, sfuggendo a Dio, non si ottiene la pace.
La festa odierna, questo santo luogo, l’esempio e la vita di San Francesco e, in modo sovraeminente le parole del Magnificat ci invitano a guardare con occhi nuovi la realtà, ad avvicinarci a Gesù e a Sua Madre, ad incamminarci verso la Porziuncola per adorare e ricevere la forza di essere gioiosi testimoni di Cristo.
Dio è presente in ogni luogo ed è il Signore della Storia. Tuttavia, come abbiamo ascoltato dalla lettura evangelica, ci sono luoghi e tempi speciali, dove il divino sceglie di mostrarsi in modo unico.
A Nazaret Maria ricevette l’Annunciazione da parte dell’Arcangelo Gabriele. In questa piccola chiesetta, ebbe in un certo senso inizio la storia del Giubileo nel mondo cristiano. Qui la santità del serafico di Assisi occasionò la perdonanza di Santa Maria degli Angeli, di cui il primo giubileo della Chiesa Universale del 1300 fu la logica conseguenza. In questo luogo, come ha ricordato il vostro Vescovo nella sua Lettera Pastorale nell’VIII centenario dell’indulgenza della Porziuncola: “Francesco, che ha rinunciato ai tesori della Terra, distribuisce a piene mani i tesori del Cielo”.
Preghiamo la Beata Vergine Maria e San Francesco affinché si diffonda il desiderio di conversione, l’aspirazione alla santità, la gioia di camminare nella quotidianità con i piedi ben poggiati a terra, ma con lo sguardo costantemente rivolto al Cielo, per ricevere dall’alto guida, chiarezza d’intenti, consolazione, aiuto e protezione.
Preghiamo la Santa Madre di Dio e i Santi perché possiamo compiere la volontà di Dio, che coincide con il nostro vero bene e, a questo fine, approfittiamo volentieri della perdonanza di Assisi, varcando con cuore rinnovato la soglia della Porziuncola.