giovedì 14 settembre 2017

14 settembre. Esaltazione della Santa Croce




Quest'albero è per me di salvezza eterna:
di esso mi nutro,
di esso mi pasco.
Per le sue radici io affondo le mie radici,
per i suoi rami mi espando,
della sua rugiada mi inebrio,
del suo spirito, come da soffio delizioso, sono fecondato.
Sotto la sua ombra ho piantato la mia tenda
e ho trovato riparo dalla calura estiva.
Quest'albero è nutrimento alla mia fame,
sorgente per la mia sete,
manto per la mia nudità;
le sue foglie sono spirito di vita e non foglie di fico.
Quest'albero è mia salvaguardia quando temo Dio,
appoggio quando vacillo,
premio quando combatto,
trofeo quando ho vinto.
Quest'albero è per me "il sentiero angusto e la via stretta";
è la scala di Giacobbe,
è la via degli angeli
alla cui sommità realmente è "appoggiato" il Signore.
Quest'albero dalle dimensioni celesti si è elevato dalla terra al cielo
fondamento di tutte le cose,
sostegno dell'universo,
supporto del mondo intero,
vincolo cosmico che tiene unita la instabile natura umana,
assicurandola con i chiodi invisibili dello Spirito,
affinchè stretta alla divinità non possa più distaccarsene.
Con l'estremità superiore tocca il cielo,
con i piedi rafferma la terra,
tiene stretto da ogni parte, con le braccia sconfinate,
lo spirito numeroso e intermedio dell'aria.
Egli era in tutte le cose e dappertutto.
E mentre riempie di sè l'universo intero,
si è svestito per scendere in lizza nudo contro le potenze dell'aria.


Dal Trattato "Sulla Santa Pasqua" dell' Anonimo Quartodecimano (Pseudo-Ippolito)

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Dal Vangelo secondo Giovanni 3,13-17.

In quel tempo Gesù disse a Nicodemo: «Nessuno è mai salito al cielo, fuorchè il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo.
E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo,
perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.
Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. 

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Stravaganti questi cristiani; mentre nel mondo si esaltano il denaro e i successi, loro esaltano uno tra i patiboli più cruenti della storia. Da sempre questa adorazione per la Croce è stata presa di mira dagli avversari del cristianesimo. E’ incomprensibile che qualcuno possa credere che un uomo visto da tutti inchiodato e morto su una croce sia risuscitato, come disse “a gran voce” il Re Agrippa a San Paolo che glielo aveva annunciato: “Sei pazzo, Paolo; la troppa scienza ti ha dato al cervello!”. E a te, e a me? La scienza della Croce ci ha dato al cervello, ha operato cioè un cambio radicale di mentalità? Come per San Paolo, il “mio e il tuo unico vanto è la Croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per noi è stato crocifisso, come noi per il mondo”? Forse no… Forse abbiamo dimenticato che il primo gesto con cui la Chiesa ci ha accolto è stato proprio il segno della Croce. Per questo i pastori non possono predicare niente altro che Cristo crocifisso, come i genitori cristiani, che sin dall’inizio hanno crocifisso profeticamente con Lui i propri figli. Certo, per il mondo è una pazzia. Quale genitore si augurerebbe la Croce per i propri figli? Se la pensi così significa che non sei ancora un cristiano. Non hai capito che Dio non ha giudicato il mondo, ma lo ha amato tanto da dare il suo unico figlio. Tu odi il mondo, perché odi te stesso e la tua vita, e giudichi Dio che permette in essa e nel mondo l’ingiustizia e il male. Il demonio ha tanto “esaltato” il tuo ego da farti scambiare il deserto di questo mondo con il tuo paradiso. Per questo, come il Popolo di Israele, mormori costantemente. Hai dimenticato che Dio ti ha scelto dal mondo liberandoti dalla schiavitù al peccato per farti camminare nel mondo con il Popolo di Dio per testimoniare ad esso l’amore di Dio. Ha salvato te per salvarne molti. Non ti ha giudicato perché il mondo non si senta giudicato. Ma il demonio è riuscito a non farti accettare di camminare nel “deserto” della precarietà. Tu vuoi il paradiso già, come lo desidera la tua carne. Dove “non ci sono né pane né acqua”, sei “nauseato dal cibo” che Dio ti dona, non ti basta il suo amore perché per il tuo cuore indurito è troppo “leggero”. Nel deserto il sibilo del “serpente” si fa più suadente, e ci insinua che Dio ci ha liberato “per farci morire”. E riesce a “morderci” perché l’odore e il sapore di agli e cipolle ci è rimasto appiccicato addosso, come le esperienze di peccato che il demonio, invitandoci a guardare indietro, usa contro di noi per farci disperare della salvezza. Per questo passiamo tanto tempo guardando il passato con nostalgia e rimpianto, e restiamo paralizzati, come “morti”, depressi e incapaci di amare davvero. La mormorazione è gestata e nasce da un cuore ancorato al passato dal quale il demonio è riuscito a trafugare la memoria dell’amore di Dio, e che per questo pensa al presente e al futuro come la sua nefasta conseguenza.

Ma la Festa di oggi ci viene in aiuto, illuminando la verità sulla nostra vita bagnata dall’amore infinito di Dio. “Bisognava” che Cristo fosse “innalzato” sulla Croce: “Adamo aveva perduto il paradiso terrestre. In lacrime lo cercava: Paradiso mio, paradiso meraviglioso! Ma il Signore nel suo amore gli fece dono, sulla croce, di un paradiso migliore di quello perduto, un paradiso celeste dove rifulge la luce increata della santa Trinità” (Silvano del Monte Athos). Mormoriamo perché abbiamo perduto il Paradiso autentico, e quello che il demonio ci ha dipinto è invece un inferno! Ma Gesù si è fatto “serpente”, ovvero peccato, perché ogni “serpente” che ci ha ucciso, ossia ogni evento della nostra vita che abbiamo rifiutato con il peccato, fosse trasformato in un paradiso migliore. I cristiani “esaltano” la Croce perché essa “esalta” l’amore di Dio in ogni circostanza che ci ha “abbassato”; trasforma il matrimonio come acqua che diventa vino, infonde “vita eterna” in ogni relazione che giaceva senza amore e speranza. La Croce piantata nel mondo, nel deserto dove, come tutti nel mondo, abbiamo peccato, rivela la misericordia di Dio: su di essa, come sulla nostra storia, è colato il sangue di Cristo che ha lavato ogni peccato; su di essa, come sulla nostra carne, si è abbandonata la sua carne che ha vinto la morte per farci passare con Lui a una vita celeste, già qui, nella carne. Coraggio, mettiamo oggi una croce nel luogo più bello della casa, e passiamo un po’ di tempo ai suoi piedi con la nostra famiglia; fissiamola senza fretta, e impariamo a farlo ogni giorno. Su di essa vedremo i fatti e le relazioni che Dio ha mandato a morderci dissolversi nel suo Unigenito dato per noi, perché il dolore che abbiamo imputato a Lui ci umili spingendoci a implorare di nuovo la salvezza che abbiamo disprezzato. Esaltare la Croce, infatti, significa umiliare noi stessi nell’abbraccio senza condizioni di Cristo. Lasciarci amare così come siamo contemplando il patibolo sul quale Cristo è stato innalzato per innalzarci con Lui alla destra del Padre. Significa donarci a Cristo per appartenergli accettando di vivere crocifissi con Lui nella storia; così, chi ancora è del mondo, potrà vedere Cristo in noi, proprio attraverso la testimonianza che nel mondo, pur non essendo il Paradiso, non si è condannati a morire ma, credendo in Lui e accogliendo il suo perdono, vi si possono gustare le primizie della vita eterna.