venerdì 8 settembre 2017

Sabato della XXII settimana del Tempo Ordinario





Per Israele, il Sabato era il giorno 
in cui tutti potevano partecipare al riposo di Dio, 
in cui uomo e animale, padrone e schiavo, 
grandi e piccoli erano uniti nella libertà di Dio. 
Così il Sabato era espressione dell’alleanza tra Dio e uomo e la creazione. 
Sì, l’alleanza è la ragione intrinseca della creazione 
come la creazione è il presupposto esteriore dell’alleanza.
Dio ha fatto il mondo, perché ci sia un luogo 
dove Egli possa comunicare il suo amore 
e dal quale la risposta d’amore ritorni a Lui. 
Davanti a Dio, il cuore dell’uomo che gli risponde 
è più grande e più importante dell’intero immenso cosmo materiale...

Benedetto XVI, Omelia nella Veglia Pasquale del 2011

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Dal Vangelo secondo Luca 6,1-5. 

Un giorno di sabato passava attraverso campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani. 
Alcuni farisei dissero: «Perché fate ciò che non è permesso di sabato?». 
Gesù rispose: «Allora non avete mai letto ciò che fece Davide, quando ebbe fame lui e i suoi compagni? 
Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell'offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non fosse lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?». 
E diceva loro: «Il Figlio dell'uomo è signore del sabato». 

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Dio ha donato la Legge per accogliere l'uomo nell’Alleanza con Lui, e condurlo nella fedeltà sul cammino della vita. Il sabato è il sigillo dell’Alleanza, la memoria dell’amore di Dio, la gioia del riposo e dell’intimità nuziale con Lui. Ma alcuni farisei, con le loro interpretazioni restrittive, avevano pervertito la Legge facendone una barriera che precludeva proprio il riposo e la gioia dell’incontro con Dio ai più poveri e deboli. L’esigenza e il disprezzo dei maestri li allontanavano da Dio, come appare nel Vangelo di oggi. La tradizione concedeva di entrare nel campo a raccolto ultimato, dopo che i poveri avevano spigolato la loro parte secondo i dettami della Torah: «Quando è permesso a chiunque di spigolare? Quando l’ultimo povero se n’è andato» (Mishnah, Peah 8:1). I discepoli di Gesù, dunque, non avevano infranto la Legge: come Lui avevano raggiunto l'ultimo posto, quello dietro all’ultimo povero, quello della libertà nella quale si compie il Sabato. Nulla da fare o difendere, tutto da ricevere. Ma una parte dei farisei considerava anche lo spigolare dei poveri illecito nel giorno di sabato. Non c’era limite alla loro ipocrisia: proprio loro che, soprattutto "di sabato", spigolavano nel campo del popolo per strappare con il giudizio le spighe che non crescevano secondo la Legge, impedivano ai poveri di strappare quattro spighe rimaste per miracolo nel campo. Ma questo lavoro era "permesso", anche perché spesso il giudizio restava celato nel cuore, e quando il disprezzo si palesava, lo faceva camuffandosi con gli abiti dell’insegnamento e dell’ammonimento. Come spesso capita, soprattutto di domenica, a noi preti clericali che giudichiamo i più deboli tra i parrocchiani. Come accade ai genitori (e ai figli…) che esigono moralisticamente il rispetto di regole probabilmente necessarie, ma svuotandole dell’amore che ne è il compimento, e giudicano. In tutti noi, accanto al fariseo esigente vi è anche il peccatore incapace di compiere la Legge. Per questo, la fame di Davide in fuga da Saul è la nostra, quando il demonio ci perseguita usando addirittura la Parola di Dio e l’autorità dei consacrati (preti, genitori, maestri, catechisti) per toglierci l’alimento per la nostra fede e impedirci di vivere l’elezione gratuita di Dio.

Ma è arrivato Cristo, e ha vinto il demonio consegnando a Davide, cioè a te e a me, la dignità e la libertà che la gelosia dell'avversario gli avevano sottratto e nascosto. Smascherando le trappole di Saul, ti annuncia che, rinato in Cristo dalle acque del battesimo, sei figlio di Dio; unto con l’olio del suo Spirito, sei re con Lui. Sei libero davvero perché l’amore di Dio è stato riversato in te e non hai più bisogno di metterti le maschere con le quali apparire giusto per esigere rispetto, considerare e affetto. La tua faccia vera, il tuo sguardo, le tue parole, i tuoi gesti non hanno più bisogno di trucco, puoi apparire così come sei, perché, anche se debole, in te è vivo Cristo, e il suo amore ti spinge nell’urgenza della carità. Quella che ha spinto Lui a cadere per terra nel campo della tua vita come un chicco di grano, e morirci per portarvi molto frutto. Per non restare solo è sceso ed è rimasto accanto a te immobile nel tuo sepolcro, proprio a Shabbat, compiendo così in pienezza ogni precetto. Risorgendo è stato proclamato “Signore del sabato” perché la sua vittoria sulla morte ha dato a Shabbat il compimento per il quale era stato donato: la libertà per entrare nel riposo dell’intimità con Dio preparato per te. Non a caso nel Talmud l'Era Messianica è chiamata “Yom shekullò Shabbat, il giorno che sarà tutto Shabbat”. Coraggio allora, viene oggi il Messia che, trasformando il sepolcro dove eri sepolto in un campo fecondo del suo amore, ha fatto di tutta la tua vita uno Shabbat di libertà e felicità. Il “sabato è per l’uomo” significa proprio questo: la tua famiglia, la tua comunità, il tuo lavoro, ogni aspetto della tua vita è “per te”, perché in tutto Cristo si dona come una spiga matura. Smetti di sforzarti, e lascia operare Dio in te. Non temere, puoi e devi nutrirti dei “pani dell’offerta” una volta riservati ai sacerdoti: Cristo, infatti, ha trasformato la tua vita in una liturgia di Shabbat che, come sacerdote, sei chiamato a celebrare ogni giorno. Non aver paura, non ti giudicare, ne hai diritto proprio perché debole e povero. “Strappa” con la preghiera e l'ascolto della predicazione le “spighe” colme dell’amore di Cristo; “mangiale” e accostandoti con piena fiducia e gratitudine ai sacramenti. Così, sfamati nella Chiesa, saremo liberi di entrare nel campo della storia di ogni giorno e cadervi anche noi come chicchi di grano, perché la nostra vita divenga una spiga che chiunque sia “affamato” di amore e “bisognoso” di misericordia, possa “strappare” e mangiare in piena libertà.