venerdì 6 ottobre 2017

Di tutti e per tutti




Sarà Papa Francesco, sabato mattina 7 ottobre, a concludere personalmente i lavori del convegno internazionale sulla Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, promosso dalla Congregazione per il clero nel centro congressi Mariapoli a Castel Gandolfo. Il Pontefice riceverà in udienza i partecipanti che, per tre giorni, si sono confrontati proprio sulla Ratio. Un testo, ha subito fatto presente il cardinale prefetto Beniamino Stella, pensato e scritto «per la vita reale dei sacerdoti, e per le domande, le difficoltà, le sfide e le speranze del loro ministero». Avendo come idea di fondo il «discepolato».
Proprio in questa prospettiva si sono articolati gli interventi specifici del convegno. In particolare sugli «agenti di formazione» ha preso la parola l’arcivescovo Joël Mercier, segretario della Congregazione per il clero, per mettere in chiaro che «la formazione sacerdotale è sempre un compito ecclesiale». Tutta la formazione sacerdotale, ha insistito il presule, «dipende dalla maternità della Chiesa particolare che indirizza le sue migliori risorse alla generazione e all’educazione dei nuovi pastori, in modo tale che l’intera comunità diocesana, secondo le diversità delle missioni e delle competenze, sia coinvolta nell’impegno formativo della pastorale vocazionale, del seminario e della formazione permanente».
Sulla formazione l’arcivescovo Mercier ha rilanciato l’idea di «comunità» e di «complementarietà» di fronte a ogni «approccio individualista». Dunque «non solo è affidata al presbitero una porzione del popolo di Dio ma anche contemporaneamente il presbitero stesso, nell’intero trascorso della sua vita, è affidato alla comunità ecclesiale».
Da parte sua monsignor Jorge Carlos Patrón Wong, segretario della Congregazione per il clero per i seminari, ha rimarcato come la Ratio fundamentalis abbia «inteso offrire criteri generali per la formazione sacerdotale» da mediare, interpretare e attuare «nelle specifiche situazioni ecclesiali locali». Una Ratio, infatti, «non è un freddo documento di norme da osservare né un trattato astratto sul prete». Ma, «pur configurandosi dentro una visione giuridica che deve in qualche modo indicare e delimitare i passi concreti da compiere, è un documento che vuole esprimere la cura e l’accompagnamento dei preti e della loro formazione». Perciò «il nostro intento di fondo — ha spiegato — e la visione in cui ci siamo messi al lavoro è stata questa: non tanto proporre un nuovo insegnamento ma, piuttosto, condividere il cammino dei sacerdoti e dei seminaristi, offrendo loro criteri e orientamenti di fondo, mutuati dall’ascolto della parola di Dio e dall’accoglienza del magistero della Chiesa e in particolare di Papa Francesco».
E «forse proprio questa è la prima novità» ha fatto presente monsignor Jorge Carlos Patrón Wong, in quanto «la Ratio del 1970 nacque in un contesto culturale ed ecclesiale diverso». E «pur nella sua importanza, essa passò per lo più inosservata» quasi fosse destinata solo ad addetti ai lavori. «Quella Ratio fu scritta in latino e la trasmissione del suo contenuto, quindi, non fu né semplice né immediata» ha riconosciuto il vescovo. La «Ratio fundamentalis promulgata nel 2016», invece, «nasce attraverso un processo diverso e in un clima ecclesiale nuovo». Ma, ha messo in guardia il presule, «non si è trattato di un lavoro “a tavolino”» quanto «anzitutto, di una condivisione profonda di vita sacerdotale e di un confronto tra diverse esperienze formative». Ecco che «per avviare la discussione e preparare il testo abbiamo lavorato in équipe, con l’obiettivo di coinvolgere il più possibile, nel processo, altre significative voci ecclesiali: alcuni dicasteri della curia, le nunziature apostoliche, le conferenze episcopali, una serie di esperti, studiosi e formatori».
Ed «è stato bellissimo — ha confidato il vescovo — veder fiorire un testo sulla formazione sacerdotale attraverso le esperienze, le riflessioni, gli spunti, le proposte provenienti da tutte le parti del mondo». Monsignor Patrón Wong ha poi messo in evidenza l’accoglienza entusiasta da parte delle «giovani generazioni di sacerdoti, bisognosi di un nutrimento umano, spirituale, teologico e pastorale». Ma anche di tanti vescovi che «in tutto il mondo hanno fatto della “Ratio” uno strumento di formazione permanente e un testo base per la pastorale vocazionale». Proprio «questa fame, questo desiderio di cogliere gli elementi fondamentali della formazione sacerdotale — ha concluso — è il primo grande motivo che giustifica l’impegno, necessario e urgente per ogni Chiesa nazionale, di redigere una Ratio nationalis».
L'Osservatore Romano