domenica 22 ottobre 2017

La riforma e le riforme nella Chiesa



Mercoledì 25 ottobre p.v. alle ore 17,00 in Campidoglio, presso la Sala Pietro da Cortona, il Centro Europeo per il Turismo e la Cultura e la Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede presenteranno il libro di Agostino Marchetto dal titolo “'La riforma e le riforme nella Chiesa'. Una risposta”  (Libreria Editrice Vaticana, 2017, p. 117).
Alla manifestazione, che sarà presieduta dal Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin che farà l’intervento conclusivo, parteciperà il Ministro della Giustizia Onorevole Andrea Orlando. L’Autore si sofferma sul dibattito in corso nella Chiesa ed esprime l’auspicio che si arrivi ad una sintesi, di “unità nella legittima diversità”, come d’altronde avvenne durante il Concilio Vaticano II.
Alcune linee guida di presentazione del volume
La nuova opera pubblicata dalla Libreria Editrice Vaticana a firma dell' arcivescovo è “una risposta” a un’altra pubblicazione:  “La riforma e le riforme nella Chiesa” (Queriniana, 2016).
In effetti al termine di una lettura attenta di tale grosso volume di 615 pagine, curato da Antonio Spadaro e Carlos María Galli (edd.), l' Autore ha avuto la netta impressione che quasi tutti i partecipanti al Seminario che originò appunto la pubblicazione, si situarono in una linea unidimensionale di riforma, con sottolineatura della sinodalità-collegialità, senza tener giustamente presente l’altro polo del fondamentale binomio "primato-sinodalità", cioè il primato (nelle sue varie espressioni e livelli), che nel suo aspetto conciliare ha costituito uno dei centri vitali, decisivi e specifici di attenzione e decisione del Concilio ecumenico Vaticano II, a lui particolarmente caro e oggetto del suo lavoro di studioso da almeno 30 anni.
E proprio per questo, in fondo monocorde tono del coro e la conseguente unilateralità dell’opera, è sorta in Mons. Marchetto l’idea di far udire un’altra voce, per quel “et” “et” che caratterizza il cattolicesimo, la nostra “via media” – Cullmann parlava del suo “genio” – e applicare la giustizia dell’ audiatur et altera pars.
A chi si rivolge e come è strutturato il testo?
Naturalmente la risposta è diretta anzitutto agli studiosi a cui, dopo una sintesi del loro pensiero, l'Autore si dirige, con una critica, come si dice, che può essere anche un compartire il loro punto di vista. Fondando tale atteggiamento, e agendo in modo rispettoso e costruttivo affinché ci sia con essi un dialogo in scriptis, nell’impossibilità di farlo per il momento dal vivo, e che possano ad esso accedere gli studiosi delle varie tendenze e gli interessati alla riforma, e approfondire così le varie questioni in un momento in cui di dialogo intraecclesiale c’è vero bisogno.
L' Autore si augura però che anche altri possano conoscere le ragioni profonde su cui si dibatte, si decide e – ci si augura – si faccia sintesi, unità nella legittima diversità, come del resto avvenne durante il Vaticano II, nonostante tutto, che per Mons. Marchetto è l’ analogatum princeps del modo di procedere nella realizzazione del binomio inscindibile primato-sinodalità (e collegialità).
La struttura del libro
La struttura del libro, per questioni di praticità nella Risposta, rispetta quella del Seminario a cui ci si riferisce, i suoi punti di cristallizzazione, di coagulo, e cioè:
I. La riforma missionaria della Chiesa. Popolo di Dio in cammino. Il rinnovamento della Chiesa oggi alla luce del Concilio Vaticano II.
II. Le lezioni della storia circa la riforma della Chiesa.
III. La comunione sinodale come chiave del rinnovamento del Popolo di Dio.
IV. Le riforme delle Chiese particolari e della Chiesa universale.
V. L’unità dei cristiani e la riforma della Chiesa.
VI. Verso una Chiesa più povera, fraterna e inculturata.
VII. Lo spirito e la spiritualità della riforma evangelica della Chiesa.
E anche per aiutare il lettore che non avesse a disposizione il volume di riferimento e fargli intendere di più la risposta, per l’intervento di ogni partecipante al Seminario in parola, Mons. Marchetto ha fatto una sintesi dei suoi principali punti di vista e delle sue convinzioni e proposte.
Ermeneutica conciliare
Per “l'ermeneutica conciliare” (interpretazione) del Magno Sinodo, formula caratteristica di Mons. Marchetto per indicare il Vaticano II, l''Autore sposa  -ed è notissimo- la formula benedettina, chiamiamola così, e cioè “non l' ermeneutica della rottura nella discontinuità, ma della riforma e del rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto Chiesa”. Certo è di Papa Benedetto, nel suo primo Natale da Papa, ma egli esprime quanto tutti i Papi conciliari e post Vaticano II, anche Papa Francesco, hanno tenuto, diremmo creduto. Di fatto qui entriamo in ciò che è specifico del cattolicesimo, quello che ha fatto passare Newman dall’anglicanesimo al cattolicesimo.
A questo proposito l'Arcivescovo Marchetto sente quindi di poter affermare che questa è la chiave ermeneutica definitiva, e che stava fin dall’origine, del Vaticano II.
Eppure è questo un tema ancora divisivo, e  Mons. Marchetto ne è cosciente. Si tocca qui un punto fondamentale da chiarire sia per i convegnisti, sia per l' Autore e ancora per il Vaticano II e per l’attuale momento postconciliare. Qual è dunque l’ermeneutica corretta ecclesiale, dopo il gradino storico e prima di quello della ricezione, circa il Magno Sinodo? E' questione vitale per cui non poche volte nel volume ci si chiede quale sia l'ermeneutica di chi interviene nell'arena dei partecipanti al Seminario.
In effetti a tale proposito Mons. Marchetto considera che ci troviamo ancora in alto mare proprio perché non si rinuncia a quella della rottura, implicita a tutte le volte che anche nel libro si parla di rivoluzione. Ed è la parola che primeggia in questo volume di riferimento al saggio di cui presentiamo qui qualche linea.
L'Autore conclude che gli pare ciò si opponga proprio a uno sviluppo non solo organico (questo si dice una sola volta nel volume di riferimento) ma omogeneo, caratteristica del cattolicesimo.
Del resto Papa Francesco applica il termine “rivoluzione” all’evento fontale del Cristianesimo, il Signore Gesù e il suo Vangelo. Altrimenti si corre il rischio di precipitare in quel vortice di rottura che cattolico non è.
Binomio primato e sinodalità
Qui troviamo anche il punto nevralgico del binomio primato e sinodalità (e anche collegialità naturalmente) poiché lo sviluppo dogmatico nella Chiesa dev’essere omogeneo per poterlo accettare e mutatis mutandis anche nella prassi nella vita.
E pure qui l' Autore ricorda le difficoltà del grande Jedin quando affermava che il Vaticano II era in continuità con il Concilio di Trento. Mal gliene incolse da parte di chi si può considerare fazioso e non illuminato.
Chiesa carismatica  e Chiesa istituzione
A conclusione di un capitolo del libro, Mons. Marchetto cita quanto il beato Paolo VI disse a Bogotá nel 1968, ponendo a confronto la Chiesa “cosiddetta istituzionale”, con “un’altra presunta Chiesa cosiddetta carismatica, quasi che la prima, comunitaria e gerarchica, visibile e responsabile, organizzata e disciplinata, apostolica e sacramentale, sia espressione di un cristianesimo ormai superato, mentre l’altra, spontanea e spirituale, sarebbe capace di interpretare il cristianesimo per l’uomo adulto della civiltà contemporanea, e di rispondere ai problemi reali e urgenti del nostro tempo”.
L' Autore a questo riguardo si domanda implicitamente se questa contrapposizione si avverta ancora oggi e risponde affermativamente poiché chi studia la storia della Chiesa e della Teologia e anche del Diritto canonico sa quanto questo confronto, che per molti è opposizione, tra Chiesa dello Spirito (“cosiddetta carismatica”) e diciamo Chiesa istituzione si trova sempre, pur in svariate sfumature ed espressioni. Anzi egli richiama a questo punto una esperienza della sua vita con i giovani universitari, pur cristiani ma rivoluzionari, che accompagnava pastoralmente al tempo del suo servizio a Cuba, i quali avevano la tentazione di dire “Cristo sì, Chiesa no”, e intendevano quella gerarchica, istituzionale, se vogliamo.
Del resto ciò conferma per Mons. Marchetto quanto diceva Romano Guardini scrivendo a Paolo VI, in fondo, a questo proposito. Si  esprimeva così: “La scelta cristiana non viene propriamente compiuta riguardo alla concezione di Dio e nemmeno riguardo alla figura di Cristo, bensì riguardo alla Chiesa. Ciò che può convincere l’uomo moderno non è un cristianesimo modernizzato in senso storico e psicologico o in qualsiasi altro modo, ma soltanto l’annuncio senza limiti e interruzioni della rivelazione. Naturalmente è poi compito di chi insegna porre questo annuncio in relazione ai problemi e alle necessità dei tempi”.
Comunque nel Vaticano II basta rileggere il n. 8 della Costituzione dogmatica Lumen Gentium per incontrare “la Chiesa come organismo visibile... La società costituita di organismi gerarchici e il corpo mistico di Cristo, la comunità visibile e quella spirituale, la Chiesa terrestre e la Chiesa ormai in possesso dei beni celesti non si devono considerare come due cose diverse, ma formano una sola complessa realtà risultante di un duplice elemento, umano e divino. Per una non debole analogia, quindi, è paragonata al mistero del Verbo incarnato... l’organismo sociale della Chiesa serve allo Spirito di Cristo che la vivifica, per la crescita del corpo”. Orbene questa verità era certamente una risposta alla Sitz im Leben al tempo del Vaticano II, ma ancora di più, secondo Mons. Marchetto, a quella del postconcilio fino ad oggi.
Primato e collegialità
Una questione pure incandescente appare posta nel volume dell'arcivescovo Marchetto, e cioè se si ritiene comunemente che il primato del Vescovo di Roma e l’autorità ad esso associata siano oggi considerati un freno al lavoro collegiale, nel contesto di come si conciliano primato e sinodalità.
La risposta merita la lettura del libro, specialmente perché, come si diceva sopra, all’inizio di ogni risposta agli interventi dei partecipanti al Seminario (furono trenta) sono riassunte per sommi capi le loro posizioni.
Da essa risulterà che purtroppo la visione abbastanza generale è nel senso che il primato è in fondo un freno, meglio, non se ne parla, si osserva, si sottolinea la sinodalità, senza tener conto della inscindibilità del binomio fondamentale “primato-sinodalità”. E ciò, si badi bene, non risulta solo nella questione del primato petrino.
Ci sono altri protos, i patriarchi, per esempio, i metropoliti, i vescovi nelle loro diocesi, oltre che per essere cum Petro et sub Petro membri del Collegio episcopale, che nella collegialità in senso stretto ha pure un primato.