martedì 17 ottobre 2017

Un cammino a tappe... La presentazione del Papa



Anticipiamo la presentazione scritta da Papa Francesco per la nuova edizione del «Catechismo della Chiesa cattolica» (Città del Vaticano - Cinisello Balsamo, Libreria editrice vaticana - Edizioni San Paolo, 2017, pagine 1716, euro 29,90) pubblicata con un nuovo commento teologico-pastorale e con l’introduzione, di cui riportiamo in questa pagina uno stralcio, curata dall’arcivescovo presidente del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica si presenta come un cammino che attraverso quattro tappe permette di cogliere la dinamica della fede. Si apre con il desiderio di ogni uomo che porta in sé l’anelito verso Dio, e si conclude con la preghiera, come espressione di un incontro dove l’uomo e Dio si guardano, parlano e ascoltano. La vita di grazia, espressa in particolare nei sette sacramenti, e lo stile di vita del credente come una vocazione a vivere secondo lo Spirito, sono le altre due tappe necessarie per comprendere in pienezza l’identità credente come discepolo missionario di Gesù Cristo. Nella scadenza del XXV anniversario della Costituzione Apostolica Fidei depositum, con la quale si consegnava ai fedeli il Catechismo della Chiesa Cattolica, firmata simbolicamente da san Giovanni Paolo II l’11 ottobre 1992, nel trentesimo anniversario dell’inizio del Concilio Ecumenico Vaticano II, la pubblicazione di questa nuova edizione, in cui insieme al Catechismo della Chiesa Cattolica si presenta un Commento teologico pastorale, èdi grande aiuto per entrare sempre di più nella comprensione del mistero della fede.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica in questo modo diventa un’ulteriore mediazione attraverso cui promuovere e sostenere le Chiese particolari in tutto il mondo nell’impegno di evangelizzazione come strumento efficace per la formazione soprattutto dei sacerdoti e catechisti. Mi auguro che possa essere conosciuto e utilizzato per valorizzare al meglio il grande patrimonio di fede di questi duemila anni della nostra storia.
*****
Catechismo per il nostro tempo
di Rino Fisichella
Per introdursi con coerenza allo studio del Catechismo della Chiesa Cattolica può essere utile far riferimento al logo che lo caratterizza dove si trovano alcuni elementi peculiari: il buon Pastore con un bastone in mano nell’atto di suonare il flauto; la pecorella accanto a lui in ascolto della sua musica e ambedue all’ombra dell’albero della vita.
La metafora del buon pastore è capace di sintetizzare in sé due aspetti che apparentemente potrebbero sembrare contrastanti: quello dell’autorità e quello dell’amicizia. Il pastore deve essere forte per difendere il suo gregge; nello stesso tempo, comunque, è capace di amare teneramente. Fedele all’immagine delle Scritture antiche, anche Gesù fa riferimento al pastore per indicare la cura che egli mette nei confronti dei suoi discepoli e di quanti crederanno in lui. I Sinottici mostrano Gesù nella sua consapevolezza di essere stato inviato alle «pecore perdute» (Mt 15, 24); egli raduna i suoi discepoli come un «piccolo gregge» (Lc 12, 32) e lo difende da chi, travestito da agnello, cerca di distruggerlo (Mt 7, 15). In questo stesso orizzonte, l’autore della lettera agli Ebrei lo chiamerà «il grande pastore delle pecore» (Eb13, 20) e Pietro, «il pastore supremo» (1 Pt 5, 4). Sarà, tuttavia, Giovanni che ci consegnerà l’immagine più coerente del buon pastore, presentando Gesù come il Figlio che nelle vesti del pastore rivela l’amore del Padre (cfr. Gv 10). Lui diventa un tutt’uno: buon pastore, porta da cui poter entrare nell’ovile, agnello che si offre. In forza di questa sua autorità, egli è anche l’unico in grado di affidare la sua cura pastorale a chi ha scelto per essere pastori: Pietro, i Dodici e i loro successori (cfr. Gv 21, 15; Ef 4, 11; Pt 5, 1).
Nel logo proposto, si nota che il pastore è seduto e tiene in mano il bastone. Anche da questa simbologia emerge un insegnamento che merita di essere esplicitato. Essere seduto è segno di autorità, perché indica il maestro che insegna. Per il pastore nomade, il bastone è il segno del cammino. Questi particolari aiutano a cogliere lo scopo del Catechismo della Chiesa Cattolica. L’insegnamento che viene offerto non è altro che la fede della Chiesa, così come si è sviluppata nel corso dei secoli, e che ha la sua fonte primaria nella Parola di Dio vissuta dalla comunità cristiana e interpretata autenticamente dai suoi Pastori. C’è, comunque, un cammino che si deve percorrere e non è ancora ultimato. Il bastone del pastore indica appunto questo: la lunga strada che ancora si deve percorrere. È il futuro che ci sta davanti carico di attese e speranze; futuro nel quale l’«impegno della fede» (1 Ts 1, 3) richiederà il dover crescere nella verità tutta intera (cfr. Gv 16, 13), per viverla coerentemente nella partecipazione a una responsabilità comune dalla quale nessuno può esimersi. La Chiesa in questo pellegrinaggio è accompagnata dalla moltitudine di uomini e donne che da millenni professano la fede. Dalle grandi figure bibliche di Abramo, Mosè, Elia, David, i profeti, gli apostoli, i discepoli... fino ai più sconosciuti credenti di cui in ogni caso permane viva la fede anche se non il nome, tutti si sono posti in cammino con un impegno che ha richiesto forza, coraggio, passione e amore.
Il buon pastore, seduto con in mano il bastone, sta suonando il flauto. La musica è segno della melodia e della bellezza dell’insegnamento del pastore. Il lungo cammino ha bisogno di una pausa. È il tempo per recuperare le forze e fare il punto della situazione. La pecorella è seduta accanto al pastore e lo guarda e ascolta con fiducia. È questo, l’atteggiamento fondamentale che si deve nei confronti della «musica» del maestro: la disponibilità all’ascolto perché egli non vuole e non può ingannare. L’immagine si applica facilmente al Catechismo della Chiesa Cattolica. Esso si inserisce in quel costante insegnamento «ordinario» dei Pastori della Chiesa; per questo motivo il popolo di Dio lo accoglie con fiducia e disponibilità nell’ascolto attento e nello studio sistematico. 
Il logo, inoltre, è avvolto come in una cornice, dall’albero della vita. È l’albero posto al centro del giardino dell’Eden (cfr. Gn 2, 8); è lo stesso albero che, rinnovato dal sangue dell’Agnello, si ritrova nell’Apocalisse. Un albero che «dà dodici raccolti e produce frutti ogni mese, le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni» (Ap 22, 2). All’ombra di questo albero della vita, i credenti trovano riparo e orientano il loro sguardo al cammino successivo che resta da percorrere.
Non si dimentichi, infine, che questo logo è stato recuperato da un graffito che si trova nelle catacombe su una pietra sepolcrale. Ambedue questi aspetti permettono di aggiungere qualcos’altro nell’interpretazione. Per la fede cristiana, le catacombe sono il segno che rinvia al periodo in cui la fede aveva bisogno di essere sostenuta nella sua testimonianza pubblica. La fede ha conosciuto momenti di oscurità, di paura, di martirio; per molto tempo e fino ai nostri giorni, in diverse parti del mondo l’essere credenti è ancora una situazione catacombale. È questa loro fede, comunque, che sostiene la nostra, divenuta spesso pigra e incapace di scuotersi dal sonno per provocare alla conversione. Il graffito, posto sulla pietra tombale, è insieme segno di un’attesa e di una condivisione. Anche il buon pastore ha accolto e vissuto l’esperienza del «sabato santo». Su di lui la pietra sepolcrale venne fatta rotolare pensando che il caso Gesù di Nazareth potesse essere definitivamente chiuso. Non fu così. La pietra, benché pesante per le deboli forze umane, fu trovata spostata e Cristo ritornato per sempre in vita. L’annuncio dell’angelo alle donne: «Non è qui» (Mc 16, 6) rimane anche per noi il segno più convincente. Non è nel regno dei morti che si deve cercare Cristo, ma in quello dei vivi. Il sepolcro è segno di attesa e di speranza che il Signore, fedele alla sua promessa, permetterà anche a noi di risorgere a vita nuova con lui; questa è la novità radicale della fede cristiana.

L'Osservatore Romano