sabato 3 marzo 2018

Tra scienza ed ecclesiologia



Walter Kasper compie 85 anni. 
L'Osservatore Romano 

- Maria icona del vangelo (Walter Kasper)
- Rendere il dialogo fecondo (Walter Kasper)
- Tra scienza ed ecclesiologia (Antonio Russo)


Anticipazioni. Anticipiamo stralci dagli ultimi due libri del cardinale Kasper. Il primo è tratto da Il messaggio di Amoris laetitia. Una discussione fraterna (Brescia, Queriniana, 2018, pagine 80, euro 10) che verrà presentato — dall’autore e dall’arcivescovo Vincenzo Paglia, moderati dal giornalista Raffaele Luise — il 6 marzo presso Radio Vaticana. L’altro stralcio è invece tratto dal libro Meditazione su Maria (Bologna, Edizioni Dehoniane, 2018, pagine 56, euro 7), in libreria dal 15 marzo.

Maria icona del vangelo

Da ragazzo sono cresciuto vicino a un santuario mariano. Soprattutto nei terribili anni della seconda guerra mondiale, quando in Germania eravamo costretti a trascorrere molte notti in cantina durante le incursioni aeree, andavo spesso lì con mia madre per pregare e invocare protezione. La ben nota preghiera Sotto la tua protezioneaveva per noi, in tali circostanze, un profondo significato e ci era di grande consolazione. Così, la devozione mariana mi ha segnato sin dall’infanzia e dalla gioventù.
Più tardi, da studente di teologia all’università, ho conosciuto un altro influsso, un influsso critico, ma non negativo nei confronti della devozione mariana: era critico soltanto nei confronti di alcune esagerazioni. Ho imparato che il culto mariano deve basarsi sulla sacra Scrittura, deve rapportarsi al fulcro e al criterio della nostra fede, a Gesù Cristo e anche alla liturgia della Chiesa. Questo è stato l’influsso del movimento liturgico e biblico, molto forte in quel periodo, un movimento cui sono riconoscente, e che ha preparato il terreno per il concilio Vaticano II.
Tuttavia, sotto l’influenza di questo movimento liturgico e biblico, ci sono stati problemi e dure discussioni quando Papa Pio XII ha definito nel 1950 il dogma dell’Assunzione di Maria nella gloria celeste. Ci siamo domandati: dove si trova il fondamento nella Scrittura? In un Paese confessionalmente diviso come la Germania questo dogma ha originato seri problemi ecumenici. Molti protestanti di quel periodo hanno ritenuto che, con questo dogma, la Chiesa cattolica si fosse chiusa e definitivamente separata dalle altre Chiese.
Perciò siamo stati lieti di vedere che il concilio Vaticano II ha impresso un nuovo impulso, reintegrando la dottrina e il culto della Madonna nell’insieme della dottrina sulla Chiesa e della liturgia. Il concilio ha dichiarato che Maria è l’immagine, il modello e la figura (typus) della Chiesa e l’eccellentissimo modello di fede e di carità (cfr. Lumen gentium, nn. 54; 63; 65). Non abbiamo avuto l’impressione che questo svalutasse o «diluisse» la mariologia. Al contrario, abbiamo sentito Maria più vicina: Maria non ci è più sembrata soltanto la regina del cielo lontana da noi ma la nostra sorella nella fede, la prima dei credenti, che ci accompagna nel nostro cammino e che accompagna e protegge tutta la Chiesa nel suo pellegrinaggio nella storia.
Dopo il concilio, tuttavia, abbiamo non solo assistito a un affievolimento del culto mariano, ma abbiamo anche constatato che esso veniva spesso disprezzato in alcuni ambienti, perfino cattolici. Per molti, anche per me, questo è stato uno choc. I Papi Paolo VI e Giovanni Paolo II hanno fortemente difeso e approfondito la fede e il culto cattolici. Nel frattempo, grazie a Dio, siamo stati testimoni di un recupero, di un rinnovamento e di un ritorno alla grande tradizione cristiana e cattolica. Tutti i movimenti spirituali postconciliari sono segnati da una venerazione particolare verso Maria.
Questo rinnovamento avviene non solo nella Chiesa cattolica, ma anche nelle Chiese della Riforma (particolarmente nella Chiesa luterana e nel dialogo con gli anglicani). Per molto tempo il tema «Maria» è stato quasi un tema tabù e nel dialogo ecumenico un soggetto scottante, che non si è osato toccare. Oggi queste Chiese riscoprono la propria tradizione mariana che hanno in gran parte perso nei tempi moderni, a partire dall’illuminismo. È importante ricordare la nostra tradizione comune della Chiesa antica, che è una, espressa nel simbolo apostolico che confessa Maria come madre di Dio e come vergine. Martin Lutero ha scritto una bellissima interpretazione del Magnificat; gli anglicani hanno suggestivi canti di lode alla Madonna; gli anglicani e i luterani prevedono nel loro calendario liturgico molte feste mariane.
Certamente, esiste ancora una certa riserva da parte di molti evangelici, ma già possiamo constatare che sta sorgendo un nuovo clima. 

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Rendere il dialogo fecondo

Pare che nessun’altra Esortazione apostolica sia stata tanto attesa e che nessuna nella storia recente della chiesa, dopo la sua pubblicazione, abbia suscitato una discussione così vivace come l’Amoris lætitiaLa gioia dell’amore (2016). Lo scritto era atteso, perché le questioni del matrimonio e della famiglia sono tra le più urgenti del presente. Con la famiglia è andata in crisi, soprattutto nel mondo occidentale, l’istituzione originaria dell’umanità. Matrimonio e famiglia sono la culla dell’umanità; perciò, quando si parla di matrimonio e famiglia, si tratta anche del futuro dell’umanità e, in particolare, del futuro dell’Europa.
Il rinnovamento deve avvenire partendo dalla culla dell’umanità e di ogni singola persona. Questo vale anche per la chiesa. Papa Giovanni Paolo II e Papa Benedetto XVI perciò hanno affermato: «La famiglia è la via della chiesa». Papa Francesco si muove in linea coi suoi due predecessori: «La gioia dell’amore che si vive nelle famiglie è anche il giubilo della chiesa». La chiesa cresce, vive, soffre e gioisce con le famiglie; nelle famiglie e per mezzo di esse è presente nella vita e nel mondo.
Di fronte alla situazione drammatica di oggi appare grottesco che dentro la chiesa la discussione sull’Amoris lætitia si aggrappi coi denti all’ottavo capitolo, anzi a un’unica nota dell’ottavo capitolo e, anche qui, solo a un’unica frase (ibidem, 305, nota 351). Nella frase contestata si tratta il problema se delle persone che si trovano in situazioni dette irregolari, tra le altre quella dei divorziati risposati, possano in certi casi essere ammesse alla comunione. Questo è indubbiamente un problema pastorale pressante, ma non è il problema, e neppure è il tema dell’Amoris lætitia.
L’Amoris lætitia non tratta in primo luogo di ciò che la chiesa può fare nelle cosiddette situazioni irregolari, ma di come la chiesa può aiutare a evitare, se possibile, tali situazioni. Lo scritto vuole indicare in che cosa e come la chiesa può contribuire positivamente alla riuscita dell’amore nella famiglia e nel matrimonio (ibidem 307). Vuole contribuire a far sì che prima di tutto i giovani trovino la felicità della loro vita e la gioia nell’amore, che anche oggi essi cercano per la maggior parte nel rapporto matrimoniale e nella famiglia.
L’errore sostanziale di molti contributi della discussione sta nel fatto che trattano la questione, diventata il pomo della discordia dentro la chiesa e la teologia, isolandola dall’intenzione fondamentale e da tutto il contesto dell’Esortazione apostolica e non prendendo atto quindi della visione profetica dello scritto, che — come si farà vedere — si colloca perfettamente nella Tradizione della chiesa e la sviluppa coerentemente. Con questa limitazione la discussione si trasforma in una sorta di discussione tra sordi, che stanno vicini ma non si parlano realmente tra loro. Se invece si colloca il tema controverso nel contesto complessivo, esso diventa un problema paradigmatico interessante, la cui soluzione può dimostrarsi orientativa anche per molte altre questioni urgenti. Tuttavia il presupposto perché questo dialogo possa riuscire e diventare fecondo è prima di tutto affidarsi veramente alla visione dell’Amoris lætitia e raccogliere la sua sfida.
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Tra scienza ed ecclesiologia

di Antonio Russo
Compie 85 anni il cardinale Walter Kasper, già Presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani e uno dei più autorevoli teologi contemporanei; con la sua persona e il suo impegno scientifico e accademico, rappresenta una Chiesa che vuole essere solidale con «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi», come esordisce la Gaudium et spes
Nasce il 5 marzo 1933 a Heidenheim an der Brenz, Germania. Dopo gli studi di teologia (1952-56) e l’ordinazione sacerdotale (1957), nel 1961 consegue presso l’università di Tubinga il grado accademico di dottore in Teologia e tre anni dopo la libera docenza. Nello stesso anno viene chiamato, su invito di Joseph Ratzinger, alla cattedra di teologia dogmatica presso la facoltà di Teologia cattolica a Münster e diventa così il più giovane professore ordinario tedesco. 
Nel 1970 si trasferisce a Tubinga, dove vi trova, come colleghi e interlocutori, Max Seckler, Hans Küng, Alexander Auer, Jürgen Moltmann ed Eberhard Jüngel. Si tratta, come egli stesso rievoca, di «un periodo incredibilmente ricco e vivace sul piano culturale», che segna la pubblicazione del volume Gesù il Cristo (1974), il suo libro più apprezzato e di larga diffusione. In esso lo scopo è quello di «rielaborare le nuove questioni esegetiche e storiche, di interpretare la fede della chiesa in confronto critico e costruttivo con il pensiero contemporaneo e di renderlo fecondo in senso spirituale e pastorale». Il testo sarà ampiamente apprezzato anche da Benedetto XVI, che, nel 2008, in occasione dei 75 anni di Kasper, scriverà: «La tua cristologia, appena apparsa in una nuova edizione, è diventata un orientamento per molte persone, teologi e laici, nelle diverse lingue e culture (...) tu ci hai richiamato il vero centro della teologia, che è per sua natura discorso di Dio». 
Nel 1985 è nominato segretario teologico del Sinodo straordinario dei Vescovi, che si tiene a Roma in occasione dei vent’anni dalla conclusione del concilio Vaticano II. Ha modo così di rileggere i documenti conciliari e giunge alla conclusione che l’idea di fondo del concilio è la concezione della chiesa come communio, che da allora in poi diventerà il tratto distintivo della sua ecclesiologia. Quattro anni dopo, viene consacrato vescovo di Rottenburg-Stuttgart, una delle più grandi diocesi della Germania, che guiderà per dieci anni, fino a quando Papa Giovanni Paolo II lo sceglie come Segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Nel 2001 riceve la porpora cardinalizia e viene nominato Presidente dello stesso Consiglio oltre che della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo. Il 1° luglio 2011, per raggiunti limiti di età, Benedetto XVI accoglie le sue dimissioni. Questo per lui non significa affatto il pensionamento, tanto che dà alle stampe la sua summa Chiesa cattolica. Essenza-Realtà-Missione (2011) e, nel 2014, tiene la relazione principale davanti al Concistoro dei cardinali su Il Vangelo della famiglia, pubblicata in un volume definito da Papa Francesco un libro in cui «ho trovato una teologia profonda».
Il cammino teologico di Kasper, sin dagli inizi della sua carriera, viene tracciato soprattutto dal suo docente di dogmatica, Josef Rupert Geiselmann, che gli fa conoscere l’opera di Johann Adam Möhler. A questo insegnamento Kasper è sempre rimasto fedele, al punto da diventare uno dei più noti e importanti nomi della scuola cattolica di Tubinga. Il tratto caratteristico della Scuola cattolica di Tubinga è connotato dallo stretto legame che intercorre tra una rigorosa scientificità e il riferimento costante alla ecclesialità e alla prassi. Johann Sebastian Drey (1777-1853), il suo vero fondatore, viene considerato un pioniere della teologia contemporanea, perché ne ha definito a nuovo il ruolo, procedendo a uno sviluppo dei suoi principi e dei suoi metodi. Si tratta, qui, della concezione di una scientia fidei, avviata in età medioevale da Anselmo di Canterbury, che è risultata essere il modello decisivo nel cristianesimo. Drey si colloca nel suo alveo e da essa parte per svolgere le sue considerazioni. Già l’Aquinate aveva cercato di offrire una soluzione allo stesso problema, ma il caso di Drey si configura diversamente, per via del mutato clima culturale, alla luce e dopo la temperie della filosofia idealistica. Tutto ciò ha anche una dimensione ecclesiale, perché Drey elabora una teologia come scienza ecclesiale, che non solo non si contrappone alle ragioni di far più coerente il discorso teologico con le categorie prese a prestito dalle scienze, ma trova in esse il luogo più idoneo per operare, perché «la teologia è scientifica se è ecclesiale ed è ecclesiale se è scientifica». 
Oggigiorno, Drey viene considerato come un autore di «importanza permanente», perché, secondo Joseph Ratzinger, «non ha perduto nulla della sua freschezza fino ad oggi». Kasper si forma sui testi di Möhler, dal quale apprende, come gli stesso scrive: «una visuale storica viva, nonché una visuale cristologica e pneumatologica della chiesa (…). Da allora mi sono sempre sentito impegnato a seguire questa concezione ecclesiologica della scuola di Tubinga». Nei suoi tratti essenziali, questo discorso per Kasper non è affatto superato; anzi, solo oggi le sue esigenze di fondo hanno raggiunto la loro piena maturità. 
In questo grande alveo si collocano tutti i suoi testi successivi. Nel 1962, quando iniziano i lavori del Vaticano II, egli si appresta a scrivere il suo lavoro di abilitazione sulla filosofia del secondo Schelling, che è «un tema legato a Tubinga». Occuparsi di Schelling significa fare i conti con uno degli ultimi grandi tentativi di affrontare il discorso cristologico e «introdurre agli attuali problemi di fondo della cristologia, problemi che, cum grano salis, possono essere sintetizzati nel motto: Hegel e i successori». In questo progetto Kasper viene a convergere con la prospettiva — nel suo complesso assai affine, nonostante alcuni punti di dissenso non essenziali — di Xavier Tilliette che si riannoda a Schelling perché le posizioni della sua tarda filosofia rappresentano un trattato De verbo incarnato.
L'Osservatore Romano

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Vatican Insider

(Maria Teresa Pontara Pederiva) Il cardinale Kasper propone nel suo ultimo saggio una lettura del testo per far emergere la ricchezza dell’esortazione apostolica e la novità metodologica di Papa Francesco. È possibile leggere l’Amoris laetitia senza pregiudizi? Senza puntare immediatamente a quel capitolo VIII che ha suscitato le critiche dei più conservatori (o comunque degli oppositori irriducibili del Pontefice)? Certamente, perché l’esortazione apostolica post-sinodale di Papa Francesco è molto di più: ha ricollocato nell’orizzonte più ampio i molti problemi urgenti di oggi sul matrimonio e sulla famiglia (...)